L’Alghero che dimentica… John Phillips

I vostri ragazzi muoiono in una guerra che

per loro, come mai nella storia dell’Umanità,

è una confusa esperienza d’amore. Non traditeli.

da “Lettre a un Américain” di A. de Saint-Ex

Non tutti, ad Alghero, sanno chi è stato John Phillips. Semplicemente uno dei più grandi fotografi del secolo scorso. Una vita intensa come non mai, sempre in giro per il mondo a documentare con gli scatti della sua Leica (e poi Nikon ed Hasselblad) avvenimenti importanti della Storia.

Israele, 1948 (foto da web)

Nasce nel 1914 in un paese dell’entroterra algerino (Bouira), da madre americana e padre gallese. Nel 1936, a soli 22 anni, per un casuale e fortunato incastro, diventa fotoreporter per la neonata rivista Life. Sarà un fruttuoso sodalizio che durerà una cinquantina d’anni. Poetico ed incisivo nel cogliere l’attimo, John Phillips è soprattutto un fotoreporter di guerra. Documenta molti dei grandi avvenimenti storici di quegli anni: dall’occupazione tedesca dell’Austria agli infiniti conflitti medio-orientali, dalla distruzione della Polonia all’avanzata degli anglo-americani sui fronti italiani, dal rifugio del maresciallo Tito . Sua è la famosissima foto di Stalin, Roosevelt e Churchill, scattata a Teheran nel 1943. Scatti che hanno raccontato decenni di tragedie umane in tutto il pianeta.

Teheran 1943 (foto da web)

Fotografa in ogni dove, ed anche tantissimi personaggi famosi, compresi molti italiani quali: Toscanini, Antonioni, Fellini, Visconti, Eduardo, Enrico Mattei, Sofia Loren, Anna Magnani, Giorgio Morandi e tanti altri. Ed all’Italia rimarrà sempre legato, sposandosi anche con un’italiana nel dopoguerra.

Nel febbraio del 1944 è inviato ad Algeri per seguire gli avvenimenti della seconda guerra mondiale. E lì accade qualcosa. Conosce il grande scrittore e poeta Antoine de Saint Exupéry. Per Saint Ex, arrivato l’anno prima da New York, è un momentaccio. Vuole a tutti costi fare qualcosa per la sua Francia occupata e soprattutto vuole volare in missioni di guerra. Ma ha già 43 anni, molto oltre il limite d’età consentito ai piloti (30 anni), è tutto acciaccato e soprattutto ha distrutto, alcuni mesi prima in atterraggio, il costoso aereo che gli era stato affidato. John e Antoine diventano amici ed accade anche un miracolo. John, con buon sangue americano ed a cui non mancano argomenti e parlantina, affronta il potente generale Eaker e lo convince a far tornale a volare Saint Ex. Antoine è felice.

aeroporto di Alghero, 1944

Il 10 maggio del 1944 i due amici arrivano insieme all’aeroporto militare di Alghero. Antoine per pilotare un grosso Lightning P38 in rischiose missioni di guerra e John per fotografare l’amico e preparare un memorabile servizio per Life.

il P38 di Antoine sullo sfondo Monte Doglia

E così John realizza decine e decine di scatti, tra l’aeroporto e la casa sul mare a Porto Conte, dove sono alloggiati insieme ad altri militari. Non ha il tempo di accorgersi che sullo sfondo c’è un paese cinto da mura, impoverito dalla guerra e lacerato dalle bombe.

John ed Antoine a Porto Conte

Passano veloci 20 giorni. A fine mese John deve assolutamente partire per andare a documentare la liberazione di Roma (4 maggio). Chiede ad Antoine di finire un testo da usare per il servizio su Life. L’ultimo giorno utile, è la sera del 29 maggio, Antoine si siede sulla sua branda ed in una notte insonne scrive un piccolo capolavoro: Lettre a un Americain. All’alba del 30 maggio consegna 6 fogli scritti con una grafia minuta a John e poi i due amici si salutano. Non si rivedranno più. Saint Ex scomparirà in mare due mesi dopo.

Per John, pur abituato a vedere il peggio da una guerra all’altra, è un grande dolore. Non una foto né una sola parola verrà pubblicata su Life. Per tanti anni conserverà come una preziosa reliquia quei 6 fogli manoscritti.

Poi, negli anni 80, ne farà dono alla Biblioteca Nazionale di Parigi.

Ma deve ancora compiere una missione per l’amico. Nel 1994, due anni prima di morire, pubblica: Poet and Pilot: Antoine de Saint Exupéry. E’ il suo regalo all’amico. E’ un libro con circa 140 foto, scattate tutte ad Alghero, e con la copia anastatica del manoscritto di Antoine. Una lettera, in quelle 6 pagine, che esprime un senso di gratitudine per i ragazzi americani che stanno dando la loro vita per la libertà della vecchia Europa, ed esprime un senso di sofferenza per la sua terra ancora occupata, e che vede vicina, ma lontana, nei suoi voli di guerra.

il libro con le foto scattate ad Alghero nel 1944

Leggetela, questa lettera. La riporta, tradotta in italiano, anche il libro di Luciano Deriu (Il piccolo Principe dall’isola alle stelle, Delfino Ed. 2013).

Tante mostre nel mondo hanno raccontato John Phillips e le sue fotografie. Anche Cagliari gli ha dedicato, dieci anni fa, una splendida mostra ed un corposo catalogo. Alghero nulla. Ad Alghero John Phillips è un nome dimenticato.

Peccato che la casa sul mare dove l’autore de Il piccolo Principe visse in quei mesi, e dove scrisse quell’ultima Lettera prima di morire da eroe, sia stata buttata giù negli anni 50. Poteva essere un museo, un luogo internazionale per ricordare uno degli scrittori più amato e letto al mondo.

P38 con Capo Caccia sullo sfondo

John Phillips muore a New York nel 1996 portandosi dietro un mare di ricordi. Ad Alghero, nei decenni del dopoguerra, nessuno ha pensato di invitarlo a rivedere i luoghi dove soggiornò con Saint Ex. Avrebbe probabilmente rivissuto un po’ dell’emozione di quella calda notte di fine maggio di un anno lontano. E sarebbe stata anche l’occasione per dirgli grazie. In fondo Antoine sta facendo, con quella lettera, quello che avremmo dovuto fare noi: sta ringraziando dei ragazzi venuti da lontano e pronti a sacrificarsi per liberare un paese non loro.

Chissà. Forse un giorno, ad Alghero, il Monumento ai Caduti verrà spostato dalla porta a terra della torre e sistemato in un luogo più consono, magari nei giardini pubblici (presso la statua di Manno, che starebbe a sua volta benissimo vicino al suo museo e casa natale). Ed anche la storica porta tornerebbe ad essere porta.

Quel Monumento ai Caduti potrebbe, allora, essere completato anche con un ricordo di Antoine e John, due amici che erano qui, in quel maggio del 44, ognuno a suo modo, per la nostra libertà. Uno con una macchina fotografica, l’altro con una penna, ed entrambi con l’immancabile sigaretta tra le labbra.

Roberto Barbieri

 

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